ISTITUTO D'ISTRUZIONE SUPERIORE - AUGUSTO CAPRIOTTI
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Vangeli del carcere
Scritto da prof. Massimo Scarponi   
sabato 23 dicembre 2017
 l seguente contributo nasce in seguito alla visita che le classi 3°A afm e 4°A afm, accompagnate dalla prof.ssa Antonella Piunti e dal prof. Massimo Scarponi, hanno effettuato l’11 dicembre 2017 alla Casa Circondariale di Marino del Tronto. L’uscita didattica, di assoluta valenza etico-formativa, è stata occasione di successivi momenti di analisi e riflessione, individuali e collettivi, straordinari per livello di interesse e coinvolgimento emotivo che vogliamo condividere con tutta la comunità scolastica.

Cominciamo con: Recensione di Vangeli del carcere (antologia di testi pervenuti dalle carceri italiane che hanno partecipato al Premio letterario Teseo, organizzato dalla Direzione della Casa Circondariale di Marino del Tronto -AP- nel 2014)

Anche dietro le sbarre possono liberarsi pensieri ed emozioni capaci di elevarsi alle “altezze” della letteratura. Vi si condensano, prima frastagliati e irregolari, per poi ricadere come gocce di pioggia grossolana sul fertile terreno della pagina bianca.

Si tratta di un florilegio variopinto cresciuto nel “ prato” di varie carceri italiane, coltivato con fatica inimmaginabile da uomini privati della libertà che hanno dimostrato di saper rielaborare le loro drammatiche esperienze di vita in forme di linguaggio dallo spiccato accento connotativo, con parole e suoni filtrati direttamente nella profondità del loro animo sofferente.

La privazione per alcuni di essi rafforza il legame con la realtà di fuori, spesso ricuce o riscopre i rapporti con le persone radicali della vita; su tutti la figura paterna, mitologico totem: assente, distaccato, autoritario; spesso subito nei giorni della sofferta formazione o nell’ingombrante racconto postumo dei familiari.

Questa realtà gronda ancora di dolore e assume le asprezze del linguaggio espressionistico, carnalità cruda naïve, con il pulsante risentimento per le ingiustizie della vita, anche in forme autopunitive. Altre volte chi scrive riesce a vincere l’irresistibile attrazione verso l’abisso, a sublimare i sentimenti impulsivi e distruttivi, che pur premono sottopelle, in una più matura idea di giustizia. Si doma la paura, la paura di aprirsi con gli altri e con se stessi, non più con l’odio, ma con il perdono. L’ancestrale sentimento di vendetta verso la colpa dei padri viene così rielaborato in un rinato sentimento affettivo, in un ideale abbraccio paterno, essenziale momento di riconciliazione interiore in funzione del proprio riscatto, oppure si riverbera nel sentimento totale e assoluto verso i propri figli.

Le forme del linguaggio sono le più varie: si va dai racconti realistici/iperrealistici di stringente autobiografia a interessanti narrazioni figurali-allegoriche; da elaborazioni metriche sul modello delle filastrocche o di genere comico-realistico (solo apparentemente ingenue, bensì dotate di autocompiacimento ironico) a forme libere di autentica poesia, capaci di dar voce a sentimenti più grandi, lirici, amorosi. I temi trattati rispecchiano il nostro tempo; alle tradizionali problematiche familiari e socio-politiche si aggiungono le nuove questioni legate all’interculturalità, alle famiglie allargate, all’amore omosessuale.

Tra queste voci spicca la “serena disperazione” di Mica Dolic, rumena donna e madre, come ama definirsi, umiliata nel corpo e oltraggiata nell’anima, in grado di espiare le turpitudini della vita nel perdono e nell’amore incondizionato in forme di assoluta purezza poetica nella miracolosa catarsi dell’arte. Un esemplare messaggio dei più alti valori cristiani.

 
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