ISTITUTO D'ISTRUZIONE SUPERIORE - AUGUSTO CAPRIOTTI
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Ferite e feriti d’amore: la forza è il contrario della violenza
Scritto da prof.ssa Lucia Del Gatto   
mercoledì 28 marzo 2018

 Sabato 25 novembre 2017, su invito dell’Assessorato alle Pari Opportunità di San Benedetto del Tronto, le Professoresse Luana Cognigni, Barbara D’Abramo, Lucia Del Gatto e Marina Gargano, hanno accompagnato le classi III B e IV B del Liceo Linguistico “A. Capriotti” al convegno “Violenza e ferite d’amore”, tenutosi presso l’Auditorium comunale.

Il meeting è stato scandito in due momenti: il racconto di un omicidio passionale intitolato “Storia di Luca”, narrato dall’attrice amatoriale Mara Vena durante la proiezione di diapositive illustrative; gli interventi dell’Assessore alle Pari Opportunità, Dottoressa Antonella Baiocchi, della Presidentessa della Commissione Provinciale Pari Opportunità, Dottoressa Maria Antonietta Lupi, della Sovraintendente capo del Commissariato alla Polizia di Stato di San Benedetto del Tronto, Dottoressa Silvia Michelangeli.

L’obiettivo educativo dell’incontro è stato quello della sensibilizzazione al contrasto della violenza contro le donne nella prospettiva della divulgazione di una cultura di genere che non sia disposta ad accettarla. Le corde emotive che la narrazione ha saputo toccare come solo l’arte sa fare (per di più attraverso un’efficace sinergia di voce ed immagini) hanno creato nel pubblico una cassa di risonanza particolarmente recettiva agli stimoli offerti alla riflessione dagli interventi delle relatrici. Molti sono stati gli spunti profondi per una lettura critica di quanto ancora ci sia da fare nel presente, nonostante decenni di impegno per la trasformazione delle donne da ‘oggetti’ a ‘soggetti’ del discorso, del desiderio, dell’agire politico.

Tra tutti, da un lato, la sottolineatura del fatto che la violenza ha le sue radici negli stili di attaccamento che si sperimentano sin dall’infanzia e che intaccano il nostro ‘software emotivo’ originariamente destinato ad un amore felice (tutti nasciamo da un sogno d’amore) con dei ‘virus’ dai quali possiamo decontaminarci tramite la prevenzione, l’informazione, le ‘relazioni terapeutiche naturali’, gli interventi di specialisti e di strutture in grado di offrire un aiuto consapevole e mirato. Dall’altro, dal momento che la violenza agita è effetto della violenza subita, l’invito ad affrontare il problema secondo una prospettiva non dicotomica che non contrapponga uomini e donne ma valorizzi la loro differenza nel segno di un rispetto reciproco e di una comune assunzione di responsabilità in un cammino consapevole di costruzione di un mondo condivisibile, al di là di presunte detenzioni monopolistiche di verità assolute che sacrificano il dialogo con l’altro al pregiudizio sul diverso.

«Bisognerebbe prendere consapevolezza – afferma con contagiosa energia l’Assessore Baiocchi, Psicoterapeuta, Specialista in Criminologia e scrittrice di saggi di psicologia – della necessità di uscire dal binomio donna vittima/uomo carnefice, in quanto il problema della violenza e della prevaricazione è un problema culturale della persona, la quale, indipendentemente dal sesso di appartenenza, a causa dell’analfabetismo psicologico, funziona da secoli con mappe mentali non aggiornate e affette da ‘virus’, che comportano conseguenze deleterie: la tendenza a confondere l’amore con il possesso; l’intolleranza ai fallimenti; la convinzione che esista una verità assoluta che discrimina il diverso e alimenta i pregiudizi. La gestione della differenza sessuale secondo una modalità dicotomica impedisce la possibilità di far esistere i due interlocutori e li polarizza in modo tale che chi si trova in una posizione di forza (economica, fisica, di ruolo, psicologica) prevarica chi si trova in una posizione di debolezza. Il comune denominatore di tutte le vittime è quello di trovarsi in una situazione di debolezza (per genere, età, razza). Il comun denominatore della violenza non è ‘il maschio’ ma l’analfabetismo psicologico: questo è il principale killer da debellare!»

Gli studenti hanno partecipato attivamente al dibattito e manifestato interesse a continuare a riflettere su una questione tanto importante, alla quale si sono sentiti chiamati a rispondere con il loro spirito critico, esercizio necessario per scardinare quel nucleo cognitivo dei pregiudizi nel quale consistono gli stereotipi. Personalmente, accompagnerò i miei studenti in questo percorso anche a partire dalle parole di uno dei pionieri della cultura della differenza di genere declinata al maschile, Stefano Ciccone (che ho conosciuto presentando il suo consigliatissimo libro “Essere Maschi”) e di quelle di uno dei talenti speculativi femminili viventi di prima forza, Luce Irigaray, con la quale ho avuto il privilegio di collaborare durante il mio PhD. Credo infatti sia necessario un cambiamento di mentalità che parta dall’elaborazione di un nuovo linguaggio, per una comunicazione sana e capace di sanare ferite e feriti d’amore. Condivido dunque queste parole, in segno di gratitudine e speranza.

«La frustrazione e il disorientamento degli uomini sono oggi largamente strumentalizzati da politiche basate sulla paura, l’egoismo e lo sciovinismo: (…) il maschilismo becero si accompagna allo sciovinismo e magari si presenta come “antisistema”.

(…) Ma al tempo stesso crescono tanti percorsi di cambiamento maschile, spesso fatti in solitudine e senza avere a disposizione le parole per raccontarli, spiegarli, condividerli: essere padri in modo nuovo, vivere la sessualità, la cura del corpo, il rapporto col mondo del lavoro in modo diverso dalle generazioni precedenti. Il cambiamento maschile è già in corso ma non ha parole per essere nominato. E ciò che non ha un nome non esiste, non si può riconoscere.

La libertà delle donne e degli uomini, la libertà di chi vive nella propria città e di chi scappa dal proprio paese sono inscindibili: o crescono insieme o insieme vengono compresse.»

Stefano Ciccone, Maschile plurale Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

«Nell'epoca in cui viviamo la società esige che le relazioni pubbliche siano dei luoghi di reciprocità tra gli individui. Non va bene che il solo mediatore sia il denaro. Non va bene che le relazioni fra persone siano continuamente conflittuali e gerarchizzate da poteri legati al possesso di oggetti e non alla qualità e all'esperienza delle persone. Il luogo a partire dal quale questo funzionamento non democratico, necessariamente individualista e conflittuale, s'instaura e risiede è nella relazione tra i sessi».

Luce Irigaray, In tutto il mondo siamo sempre in due

 
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