“…SOLO ALLORA POTRETE DIMENTICARCI” Sabato 27 gennaio 1945. Le truppe sovietiche entrano nel luogo in cui 1,1 milioni di persone sono state uccise. Solo 7000 i sopravvissuti. Questi sono i numeri di Auschwitz, uno dei numerosi campi di concentramento, lavoro forzato e sterminio organizzati e costruiti dalle potenze nazifasciste. La Germania non è stata l’unica a portare avanti questo sistema di morte: hanno contribuito anche i suoi alleati, tra cui l'Italia. Lo hanno fatto con gran vanto, tanto che diverse città furono dichiarate “Judenfrei”. E all’uccisione di circa 6 milioni di ebrei, si aggiunsero le esecuzioni di Rom, omosessuali, disabili e “asociali” cioè prostitute, mendicanti, vagabondi, ladruncoli. La Shoah non è l’unico genocidio della storia ma è sicuramente l’esempio più grande della follia umana. Un esempio troppo facilmente dimenticato, come in Cambogia, nella quale negli anni '70 è stato ucciso un quarto della popolazione; come nel Rwanda quando nel 1994 in soli 100 giorni circa 800000 membri della comunità di minoranza tutsi sono stati massacrati dagli estremisti di etnia hutu; come nella vicinissima Bosnia, che ha vissuto nuovamente l'orrore del genocidio con il massacro di Srebrenica del 1995.
In tutti i casi si è trattato di pulizia etnica. Come quella di Hitler. Egli riteneva, infatti, che esistesse la "razza ariana" superiore alle altre: gli ebrei considerati “razza inferiore” erano una minaccia alla purezza e dovevano essere eliminati. L’antisemitismo, tuttavia, aveva origini antiche: i cristiani, infatti, attribuivano agli ebrei la responsabilità della morte di Gesù, mentre nel Medioevo le comunità giudaiche venivano usate come capro espiatorio per fenomeni sociali come la peste o la povertà. Così fece anche Hitler, attribuendo alla finanza ebraica la causa delle continue crisi economiche e dell’impoverimento del popolo tedesco. Nel 1939 egli, quindi, annunciava davanti al Reichstag esplicitamente l’idea del genocidio degli ebrei. Coloro che venivano deportati nei campi di sterminio, prima di entrare, avevano un nome, un’origine, una famiglia, una casa, un lavoro, una dignità ma, una volta all’interno, si ritrovavano in una sorta di pigiama a righe e in un paio di scarponi, senza più capelli, senza nessun oggetto personale, senza una famiglia. Venivano completamente privati della loro identità, della dignità, della libertà, identificati soltanto come numeri. Avevano perso tutto e non sapevano cosa li aspettasse: nessuna memoria del passato, nessuna speranza nel futuro. Immagini indelebili e strazianti nella memoria di tutti noi quelle legate ai campi di sterminio: gli oggetti confiscati ai deportati (occhiali, scarpe, valigie, cappelli), i forni crematori, i muri delle camere a gas con i graffi prodotti dalle unghie di persone indifese, consapevoli, forse, che dall’altro lato ci fosse un mondo che non avrebbero più visitato. Proprio per ricordare le vittime innocenti e il loro sacrificio è stata istituita questa Giornata: essa è un monito contro l’odio razziale, etnico e religioso, è un dovere nei confronti di un popolo vittima di un disumano disegno di sterminio, è un obbligo nei confronti delle giovani generazioni affinchè non dimentichino, non siano indifferenti e non permettano che accada di nuovo un orrore simile perché siamo “uguali in dignità e diritti”. “Solo quando nel mondo a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana, solo allora potrete dimenticarci”. |