IL RUMORE DELLA MEMORIA “Ognuno rimase in quel silenzio di quando si sta per morire. Un silenzio indimenticabile. Un silenzio potente”: queste le parole della senatrice Liliana Segre, testimone dell’orrore della Shoah e sopravvissuta al campo di sterminio (Viaggio nella Memoria - La Shoah nelle testimonianze di Goti Bauer e Liliana Segre). Lo stesso silenzio, che continua, però, in mille modi, a produrre un incessante rumore, regna, ancora oggi ad Auschwitz. Soltanto il vento tra le fessure dei muri racconta la storia di uno sterminio studiato nei minimi dettagli, frutto di un progetto di eliminazione di massa che trova la sua realizzazione nella “soluzione finale” del cosiddetto “problema ebraico”: un genocidio determinato dalla convinzione che tale popolo non meritasse di vivere, nel tentativo di rendere il mondo “Judenfrei”. Non solo ebrei, ma anche omosessuali, disabili, Rom, “asociali”, venivano deportati nei campi di lavoro che poi, con lo scoppio del secondo conflitto mondiale, divennero campi di tortura, sterminio e morte. Agli arresti e alle deportazioni, effettuati spesso attraverso delle vere e proprie retate, seguiva il trasporto verso i campi, descritto da molti sopravvissuti come l’ultimo contatto con la vita: la Segre ricorda, ancora una volta, “la muta disperazione” e il silenzio del vagone del carro bestiame, in cui si ritrovò il 30 gennaio del 1944, una volta scoperta la destinazione “Auschwitz bei Katowice”. “Nessuno più piangeva, né si lamentava. Ognuno taceva con la dignità e la consapevolezza degli ultimi momenti. Eravamo alla vigilia della morte per la maggior parte di noi. Non c’era più niente da dire. Ci stringevamo ai nostri cari e trasmettevamo il nostro amore come un ultimo saluto. Era il silenzio essenziale dei momenti decisivi della vita di ognuno”. Ad accoglierli, invece, al loro arrivo, il rumore “osceno e assordante degli assassini” che privavano i deportati di tutto: senza più identità, dignità, libertà, identificati soltanto come numeri, costretti a ogni tipo di tortura e umiliazione, in una condizione di non vita.
Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche della 60ª Armata del 1º Fronte arrivarono alle porte di Auschwitz. Disumano il bilancio: 2 500 000 vittime uccise col gas e 500 000 esseri umani morti in seguito ai lavori forzati. Nel 2000 l’Italia, con la legge n. 211, ha istituito il Giorno della Memoria: “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Questa Giornata di commemorazione deve portare ognuno di noi alla consapevolezza che il presente deve essere vissuto senza dimenticare gli orrori commessi e il “silenzio colpevole” di quanti sono rimasti a guardare, perché la perdita della memoria del passato comporta anche l’assenza di speranza nel futuro. Solo tramite il ricordo la memoria potrà continuare a produrre un assordante rumore. |