MIMOSE? NO, GRAZIE! La Giornata Internazionale della donna si celebra ogni 8 marzo in ricordo delle oltre cento operaie morte nel 1911 in una fabbrica newyorkese. Proprio in quest’edificio erano state segregate dai proprietari per impedire lo sciopero indetto dalle lavoratrici che chiedevano condizioni di lavoro migliori e salari più alti. Sono trascorsi, da quella data, più di cento anni e la condizione delle donne, a lavoro e in altri ambiti, è certamente differente, ma può essere considerata uguale a quella degli uomini? Si può davvero parlare di pari opportunità?
Con questa espressione si è soliti indicare il principio giuridico, sancito dalla Costituzione Italiana, che mira a rimuovere ogni sorta di ostacolo discriminatorio dalla partecipazione degli individui alla vita sociale, economica, politica e al mondo del lavoro. Si tratta, quindi, di una condizione di parità e uguaglianza sostanziale, introdotta per garantire a tutti il medesimo trattamento e per prevenire forme di discriminazione sulla base di determinati aspetti, quali genere, età, preferenze sessuali, etnia, disabilità, orientamento religioso e politico. Quando oggi si parla di pari opportunità si fa riferimento alla necessità di uguaglianza sociale e giuridica: le cosiddette “politiche di genere” sono tutte le azioni e le misure volte a rimuovere ogni aspetto discriminatorio diretto o indiretto, sotto il profilo formale o sostanziale, che generi un trattamento differente riservato a persone di diverso sesso. Tali politiche mirano principalmente al riequilibrio dei ruoli negli studi, nell’accesso al lavoro e alle prestazioni previdenziali, nella retribuzione, nella vita politica, tramite, ad esempio, la predisposizione di un determinato numero di posti adibiti alle quote rosa, per garantire la rappresentatività femminile in ogni settore della società, di forme di agevolazione relative alla flessibilità d’orario o di permessi volti a migliorare l’equilibrio vita-lavoro. Purtroppo, però, la parità di genere, è lontanissima dall’essere realizzata: è questa la fotografia scattata dal Global Gender Gap Report 2023, pubblicato dall'organizzazione internazionale World Economic Forum, che analizza l’evoluzione della parità in 146 Paesi del Mondo attraverso quattro dimensioni: opportunità economiche, istruzione, salute ed emancipazione politica. L’indice, che misura i punteggi su una scala da 0 a 100, nel 2023 si è attestato al 68,4%, un dato in lieve miglioramento rispetto al passato, ma ancora insufficiente, soprattutto se prendiamo in considerazione i Paesi in cui le donne vengono private di ogni diritto umano. All'attuale ritmo di progresso, evidenzia il Report, ci vorranno 131 anni per raggiungere la piena parità, 162 anni per colmare il divario nell'emancipazione politica, 169 anni per il divario nelle opportunità economiche, 16 anni per il divario di genere nel livello di istruzione. Il tempo per colmare il divario nel campo della salute rimane, addirittura, indefinito. L'Italia è scivolata dal 63° al 79° posto, a causa dei femminicidi (120 solo nel 2023), del peggioramento registrato in tema di partecipazione e rappresentanza politica, di conciliazione vita-lavoro e di opportunità economiche (basti pensare che alla maternità sono associate una forte perdita salariale, la difficoltà di reinserirsi nel mercato del lavoro e minori possibilità di fare carriera, come dimostra anche la relazione annuale di Bankitalia). Ecco perché oggi non vogliamo mimose ma rispetto, uguaglianza, pari opportunità, dignità, libertà. Per una società giusta. Non solo l’8 Marzo! |