ISTITUTO D'ISTRUZIONE SUPERIORE - AUGUSTO CAPRIOTTI
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“Il giovane favoloso” al Palariviera
Scritto da Shelly Uka 5B SIA   
lunedì 10 novembre 2014

 Mercoledì 30 Ottobre le classi del triennio dell'IIS "Capriotti" si sono recate presso il Palariviera per assistere alla proiezione de "Il giovane favoloso", un film sul grande poeta marchigiano Giacomo Leopardi, diretto dal regista Mario Martone.
Quando la mia insegnante ha proposto alla classe la visione di questo film ero scettica e curiosa nel contempo: scettica, perché Leopardi è un autore dalle innumerevoli sfaccettature, così complesso e acuto che errori, anche minimi, nella sua rappresentazione potrebbero fornire un'immagine errata a coloro che non conoscono bene la personalità del Recanatese; curiosa, perché essendo proprio Leopardi la pietra miliare della letteratura italiana, in grado di emozionare e sconvolgere con i suoi versi, ero desiderosa di vedere con i miei occhi la capacità del regista di delineare la figura del poeta senza banalizzarla o distorcerla.
La prima parte del film vede protagonista un giovane Giacomo Leopardi confinato nelle strette mura della casa paterna, in cui "unico divertimento è lo studio". Egli è sottomesso alla volontà del padre Monaldo, reazionario bigotto, il cui unico desiderio è che il figlio si dedichi solo ed esclusivamente agli studi filologici e si conformi alle regole da lui dettate. Tuttavia se il padre, fermo restando un uomo conservatore, mostra affetto e cura nei confronti di Giacomo, la madre, una donna autoritaria e gretta, rivolge al giovane solo rimproveri ed è la responsabile di un'atmosfera familiare rigida e priva di confidenza affettuosa.
Il giovane vive perciò immerso in una cupa malinconia, in cui flebile consolazione è la corrispondenza con Pietro Giordani, il quale diviene simbolo della libertà tanto anelata. In Giordani egli trova una guida intellettuale, che esalta la creatività delle sue opere senza il desiderio di modellarle secondo prestabiliti modelli letterari.

 Per questo Giacomo sente la necessità di aprirsi al mondo esterno, di scoprirlo e indagarlo ma le sue suppliche trovano il fermo rifiuto del padre e dello zio, che fanno nascere in lui il senso di nullità di tutte le cose.
Nonostante ciò, Giacomo riesce a superare questi ostacoli e la seconda parte del film lo vede proiettato dieci anni dopo a Firenze, in compagnia dell'amico napoletano Antonio Ranieri.
Leopardi è ormai divenuto un poeta famoso e acclamato, ma non per questo è felice. L'amico, infatti, è ben inserito nella società del suo tempo e amato dalle nobildonne, al contrario di Giacomo, le cui condizioni di salute vanno peggiorando e i cui interessi amorosi non vanno mai a buon fine. In questa fase emerge l'ironia leopardiana, che critica crudamente "le magnifiche sorti e progressive" e l'Ottocento, definito proprio da Leopardi un "secolo superbo e sciocco".
Questo atteggiamento, unito alla proclamazione dell'infelicità dell'uomo, gli preclude la possibilità di vincere un importante premio letterario. Gli intellettuali della rivista "Antologia", infatti, condannano il suo pessimismo sostenendo che bisogna parlare di felicità alle masse. Leopardi, però, non pare minimamente turbato dalle loro accuse, anzi…
Un momento che ho particolarmente apprezzato è stato quello in cui egli chiede retoricamente: “Come si può credere alla felicità della masse quando gli individui sono così infelici?”, confutando così le speranze e le illusioni del suo secolo.
Un' altra scena che mi ha colpita ed entusiasmata è stata quella in cui viene recitata "Amore e Morte", componimento del "ciclo di Aspasia", dedicato a Fanny Targioni Tozzetti, la nobildonna di cui il poeta si invaghisce. A mio parere, tuttavia, tra i componimenti di questo Ciclo sarebbe stato fondamentale citare "A se stesso", che segna la fine dell'estremo inganno che egli aveva ritenuto eterno: l'amore.
Dopo quest'ultima delusione amorosa Leopardi, insieme a Ranieri, si trasferisce definitivamente a Napoli. Qui, entra a contatto con un'ambiente nuovo che lo soddisfa da un lato e lo delude dall'altro. Nel film sono presenti diverse scene che suscitano nello spettatore emozioni che vanno dalla felicità alla pena. Si pensi, per esempio, alla scena in cui il poeta si ritrova a festeggiare e cantare con un gruppo di napoletani che provocano un senso di contentezza nello spettatore perché, anche se per poco, si placano i dolori del protagonista, effetto contrario hanno invece altre scene come quella del bordello, dove Ranieri lo porta per fargli conoscere l'amore carnale, ma Leopardi finisce per essere deriso e canzonato.
Nel frattempo le sue condizioni fisiche sono peggiorate; la malattia ha ormai preso il sopravvento e Leopardi sa bene che se ci sono delle cose a cui non si può fuggire, ovvero i mali esterni. Napoli, infatti, appare devastata dal colera e in balia della forza distruttrice della natura, rappresentata dalla potenza delle lava sotterranea del  formidabil sterminator Monte Vesuvio.
L'opera cinematografica si conclude con il testamento spirituale di Leopardi "La ginestra o fiore del deserto" , recitata splendidamente da Elio Germano, con la quale il poeta delinea un modello comportamentale per l'uomo:

E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Nè sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.

 

Le mie aspettative, quindi, non sono state del tutto deluse. "Il giovane favoloso" è una rappresentazione cinematografica che ripercorre abbastanza fedelmente la vita di Leopardi, grazie anche all'eccellente interpretazione dell'attore Elio Germano nei panni del poeta, ma per alcuni aspetti il regista non è riuscito a rendere al meglio l'aggettivo "favoloso" perché non ha messo in risalto la vera personalità e grandezza di Leopardi, che ha anticipato problemi che riguardano la nostra realtà attuale quali il rapporto tra uomo e natura, la condizione artificiale dell'uomo, i meccanismi spietati della società borghese, il bisogno di valori e di significato, il condizionamento dei mezzi di comunicazione, la ricerca di nuovi rapporti tra gli uomini.
Leopardi, tuttavia, non ha un atteggiamento rinunciatario, come può sembrare in questo film a un occhio poco esperto, non ricorre mai al gesto estremo per porre fine alle sue sofferenze, anzi nel "Dialogo di Plotino e Porfirio" egli, nei panni di Plotino, distoglie l'amico dal suicidio. A tal proposito credo sia indispensabile citare le parole di De Sanctis: "Questo uomo odia la vita e te la fa amare, dice che l'amore e la virtù sono illusioni, e te ne accende nell'anima un desiderio vivissimo".

 
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