ISTITUTO D'ISTRUZIONE SUPERIORE - AUGUSTO CAPRIOTTI
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Under the same sky PDF 
Scritto da Stefania Talvacchia   
lunedì 29 novembre 2010

 La sede del primo incontro del progetto Comenius “ADMA: Acteur de mon avenir” è stata Staszow, una cittadina di circa 15 mila abitanti ad est di Cracovia, in Polonia, circondata da foreste e campi coltivati ad ortaggi. La vita della comunità scorre tranquilla attorno al Municipio settecentesco, situato nell'ampia piazza del mercato (Rynek), su cui si affacciano piccoli negozi ed abitazioni dall'aspetto modesto. L'impressione è quella di una società che, lentamente ma tenacemente, cerca di recuperare il tempo perduto, per potersi sentire sullo stesso piano dei Paesi europei economicamente più avanzati.
Al termine delle giornate di lavoro dedicate al progetto ho camminato a lungo nella piazza e per le strade che da essa si dipartono, alla ricerca di qualcosa che ricordasse la tragedia avvenuta l'8 novembre del 1942, giorno in cui la parte più numerosa (più del 60%) della popolazione di Staszow, è stata massacrata.
Già, perché Staszow era uno dei tanti “shtetl” polacchi, cioè, una cittadina con una elevata percentuale di popolazione di religione ebraica. Provenienti dall'Impero russo e dalla Germania, gli ebrei si erano stabiliti in queste pianure fin dal 1500 e qui, vivendo fianco a fianco con i polacchi, avevano contribuito allo sviluppo economico e culturale di queste piccole città.

 A Staszow molti ebrei erano hassidim, ebrei ortodossi che si dedicavano alle preghiere e all'osservanza delle tradizioni religiose ma anche a numerose attività economiche. Erano, infatti, commercianti, insegnanti, musicisti, artigiani e amministratori locali, persone comuni e personalità di spessore che hanno dato lustro alla città.
Ma quella mattina del 1942, con i polacchi costretti nelle loro case a sentire le urla strazianti dei loro concittadini, tutti gli ebrei di Staszow, più di 5000, furono radunati a forza nella piazza del mercato, attorno al vecchio municipio, e da lì, spinti a marciare, calpestando i corpi e il sangue di chi era stato già ammazzato, verso i campi di sterminio di Belzen e Treblinka, da cui nessuno fece più ritorno.
Munita di una piccola piantina che mi ero procurata nella biblioteca cittadina, ho cercato, senza troppa convinzione di trovarli, di rintracciare i luoghi simbolo di questa comunità: la sinagoga, le scuole, le case di preghiera, ma nessuna di esse è stata risparmiata dalle devastazioni.
Nella piazza del mercato, accanto alla grande croce dedicata ai caduti della seconda guerra mondiale, ho cercato, invano, la memoria di quell'evento drammatico di 60 anni fa.
Con discrezione, ho tentato di chiedere informazioni ad alcuni colleghi del Liceo di Staszow, nostro partner di progetto, ma la loro evasività non mi ha incoraggiato a proseguire.
Di 500 anni di storia di un popolo, a Staszow, è rimasto solo un piccolo cimitero, su una collinetta fuori città; qui, antiche lapidi, ritrovate nelle cantine di alcune case, lottano strenuamente contro l'incuria e le erbacce, per ricordare ai passanti frettolosi e a qualche curioso come me che, lo si voglia o no, ciò che siamo oggi lo dobbiamo anche a chi è stato prima di noi, sotto il nostro stesso cielo, e che il riconoscimento e l'accettazione di ciò che è stato, senza voler cercare per forza colpe e responsabilità, non può che cementare l'amicizia e la fratellanza dei popoli e, nel nostro caso, accelerare la unificazione europea.

 
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