LA FELICITÀ: DIRITTO O PRIVILEGIO? “La ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità”: così ha stabilito l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite attraverso la risoluzione del 28 giugno 2012, quando si è riunita su proposta dell’allora consigliere Jayme Illien. Egli auspicava che le Nazioni Unite migliorassero lo sviluppo economico dei paesi di tutto il mondo, promuovendo così felicità, benessere, democrazia.
Da 10 anni, dunque, si celebra la Giornata Internazionale della Felicità: la data scelta è stata quella del 20 marzo, ma perché proprio questo giorno? La decisione non è stata casuale. Il 20 marzo coincide, infatti, con l’equinozio di primavera, giornata simbolo della rinascita della natura. L’arrivo della primavera è motivo di festa praticamente per tutti i popoli della Terra e per questo l’Onu ha ritenuto opportuno sovrapporvi la celebrazione di un desiderio universale e trasversale come, appunto, la felicità. Quello della felicità è considerato un diritto da molti. Nella realtà, però, le Costituzioni europee non contengono alcun articolo che vi faccia riferimento in modo esplicito. L’Italia non rappresenta l’eccezione alla regola, anche se molti ritengono che il diritto alla felicità si possa individuare tra le righe dell’Articolo 3 della nostra Costituzione. Una delle nazioni che attualmente lo include tra i diritti dell’uomo sono gli Stati Uniti d’America. Risulta presente già a partire dalla Dichiarazione di Indipendenza del 1776, che qualifica il perseguimento della felicità come diritto inalienabile. Nel panorama francese di fondamentale importanza è la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789: fortemente influenzata dalla Dichiarazione americana, quella francese afferma che il fine delle istituzioni pubbliche è rappresentato dalla “felicità di tutti”. Anche se il diritto al perseguimento alla felicità non risulta estraneo al linguaggio e ai principi costituzionali del passato, pochi sono, però, i riferimenti giuridici successivi al Secolo dei Lumi. In alcuni paesi, inoltre, non solo la felicità non viene inclusa nella legge, ma non è garantita a livello sociale. La Giornata odierna ci porta, infatti, a volgere lo sguardo verso coloro che non riescono a gioire di tale ricorrenza perché non conoscono la felicità. Basti pensare a paesi come l’Ucraina, in cui la guerra ha strappato la vita dalle mani del popolo, ma anche zone dell’Africa, dell’Asia o dell’America Latina in cui la povertà impedisce di avere un’esistenza dignitosa. Conflitti, povertà, mancanza di cibo e di acqua, le conseguenze della pandemia, la mancata garanzia dei diritti umani, discriminazioni di ogni tipo eliminano il concetto di felicità dalla vita di molti. È importante, dunque, che ogni giorno, non solo oggi, le organizzazioni internazionali si impegnino a dare il proprio contributo per far sì che la felicità diventi uno stato d’animo comune a livello mondiale. La giornata della felicità ha, però, anche un altro importante obiettivo: ricordare a ciascuno di noi che spesso siamo circondati da tutto ciò di cui abbiamo bisogno: è importante gioire, cercando di soffermarsi sulle piccole cose che ci rendono felici. Dobbiamo semplicemente aprire gli occhi e iniziare a essere grati per le nostre ricchezze, soprattutto per quelle non materiali. La felicità è fondamentale per tutta l’umanità: il suo conseguimento costituisce un obiettivo primario. Ancora privilegio di pochi, la diffusione della felicità e del benessere porterebbe certamente non solo ad un aumento della qualità della vita di ogni individuo, ma anche a un miglioramento, tramite un approccio inclusivo, equo e volto a promuovere lo sviluppo sostenibile, della società a livello mondiale. |